Friday 1 May 2009

Eduard Streltsov: il Pelé russo


Si potrebbe iniziare questa storia di calcio con un c'era una volta nell'odierna Russia un giovane fenomeno di nome Eduard Anatoliyevich Streltsov soprannominato "il Pelé russo" (nella foto il primo a sinistra poi seguono Lew Jascin e Igor Netto durante gli olimpiadi del 1956 in Australia). Streltsov aveva una promettente carriera e fu interrotta all'età di 20 anni con una condanna di stupro che lo portò a 12 anni di lavori forzati in Siberia.

Dopo aver fatto il suo debutto per la squadra nazionale sovietica nel 1955 all'età di 17 anni, Streltsov giocò un ruolo chiave nella vittoria della medaglia d'oro per L'U.R.S.S. ai Giochi olimpici di Melbourne un anno dopo. Era un attaccante alto e potente, dotato di un tocco di alta classe e di straordinaria intelligenza calcistica e così, nel 1957, arrivò settimo nella classica del Pallone d'oro. 

Nel 1958 Streltsov fu accusato di aver violentato ad una festa privata una giovane donna. Anche se le prove contro di lui erano confuse e contraddittorie, Streltsov confessò l'accaduto, presumibilmente dopo essergli stato intimato che così facendo gli avrebbero permesso di partecipare al Mondiale del 1958. Condannato a dodici anni nei campi di lavoro forzati, Streltsov fu rilasciato dopo cinque anni e ritornò nel mondo del calcio due anni dopo il suo rilascio rivestendo la maglia della Torpedo Mosca. Non ha più la velocità di cinque anni prima e appare indebolito fisicamente ma la tecnica è ancora sopraffina tanto che il colpo di tacco in Russia ancora oggi lo chiamano “il colpo alla Streltsov”. Alla fine della sua prima stagione la Torpedo vinse il suo secondo campionato sovietico. Tornò con la nazionale sovietica nel 1966, vinse la Coppa sovietica con il suo club due anni dopo e venne nominato Calciatore sovietico dell'anno nel 1967 e nel 1968. Si ritirò dal calcio giocato nel 1970. Streltsov morì di cancro a Mosca nel luglio 1990. Sei anni dopo la sua morte, la Torpedo ribattezzò lo Stadio in suo onore e, l'anno successivo, l'unione calcistica russa nominò con il suo nome il premio individuale per il miglior giovane emergente del calcio russo. Una statua di Streltsov fu eretta al Luzhniki Complesso Olimpico nel 1998, e nel 1999 la Torpedo costrui' un monumento dedicato a lui fuori dallo stadio.

La storia di questo campione è tuttora misteriosa ci sono poche luci e tante ombre sul suo allontanamento al calcio giocato. La risposta bisogna cercarla nello studio del personaggio Streltsov e nella storia politica e sociale dell'Ex-Unione Sovietica di quegl'anni.
Eduard era un talento calcistico di bell'aspetto, con il suo taglio alla "Teddy Boy" ed era conosciuto per essere un donnaiolo e per vivere una vita sotto le luci della ribalta sociale. Lui era in assoluto uno dei protagonisti della sua squadra la Torpedo Mosca e della sua Nazionale e questo creò nel governo comunista l'impressione che Streltsov diventasse troppo una celebrità sovvertendo quegli equilibri sociali imposti dal regime.

Durante la celebrazione della vittoria Olimpica del 1956 fu avvicinato dalla prima donna politica eletta al Politburo, Yekaterina Furtseva, che gli suggerì di sposare sua figlia. Il giovane calciatore rifiutò ed in seguito fu sentito da alcuni ospiti pronunciare parole di disgusto verso la ragazza etichettandola scimmia e che avrebbe preferito impiccarsi che prendere in sposa una tipa del genere. Frasi che vennero riportate in gran segreto alla Furtseva, che umiliata, decise di preparare la sua vendetta.
Streltsov era effettivamente impegnato e si sposò nel febbraio del 1957 a metà dello svolgimento del campionato sovietico, causando nella federazione calcistica russa una reazione di disappunto verso lo stesso giocatore e il suo club sui tempi della cerimonia.

Il Partito Comunista iniziò a diffidare dell'atleta considerandolo un possibile disertore dopo aver attirato gli interessi di club occidentali dopo le visite all'estero della Torpedo. In uno dei file degli archivi dei servizi segreti venne riportato il commento che Streltsov fece a dei compagni di squadra nel 1957, affermando che era dispiaciuto di tornare in U.R.S.S. dopo i viaggi che faceva in Europa Occidentale. Dopo essere stato espulso in un match ad Odessa nell'aprile 1957, il giornale ufficiale del governo dello sport "Sovetsky Sport" pubblicò l'articolo su di lui intitolandolo "Questo non è un eroe", denigrando e condannando il ragazzo e descrivendolo come esempio dei mali dell'Imperialismo Occidentale.

Una settimana dopo aver giocato contro l'Inghilterra con la sua Nazionale in un match amichevole, prima della Coppa del Mondo del 1958, fu invitato ad una festa da un ufficiale militare sovietico. La nazionale in quel periodo era in ritiro pre-mondiale ed era stato dato un giorno di riposo a tutta la squadra. Steltsov e altri due compagni di squadra andarono alla festa organizzata dall' ufficiale e li conobbero per la prima volta una certa Marina Lebedeva. La mattina seguente i tre giovani furono arrestati con l'accusa di stupro sulla giovane. La testimonianza della ragazza fu confusa e contraddittoria. L'allenatore della nazionale, Gavrii Lachalin, fece un tentativo di aiutare il campione ma fu invano. Un suo compagno di squadra testimoniò affermando che Eduard dormì assieme alla ragazza ma che non ci fu violenza. Arrivò come un fulmine a ciel sereno la punizione del sistema contro una figura troppo scomoda al Stacanovismo politico e sociale russo che non poteva accettare il libertinismo del Pelé russo.

Ci furono proteste, ma si spensero subito quando il giocatore confessò il delitto. A quanto pare così facendo gli sarebbe stato permesso di partecipare alla Coppa del mondo in Svezia invece, come in un incubo fu condannato a 12 anni di lavori forzati in Siberia. Trascorse inizialmente quattro mesi in ospedale per essere stato vittima di un attacco all'interno della prigione.

Durante il processo i due compagni di squadra apparvero solo come testimoni e dopo la confessione di Eduard furono squalificati per tre anni dall'attività sportiva e gli fu impedito di rappresentare l'Unione Sovietica per tutta la vita.


Streltsov fu amato nel campo di prigionia sia dai compagni che dalle guardie e molti speravano che tornasse al calcio giocato. E così come in una fiaba con il lieto fine, l'eroe si riprese (anche se segnata) la sua vita da dove l'aveva lasciata.

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