Giocatore di origine friulana
arrivò al Bologna a vent'anni, nel 1959, conquistandosi un posto da titolare
nella formazione felsinea che stava diventando una delle più forti degli anni
'60. Esordì in Serie A il 1 Gennaio 1960 contro il Vicenza, sua futura squadra,
restando titolare per tutto il resto del campionato. Arrivò lo scudetto del
1964 con la celebre finale-spareggio vinta contro l'Inter di Helenio Herrera e
diventò un punto fermo dello schieramento rossoblù.
Nel 1968 lasciò Bologna dopo 9
stagioni e 200 gare. Trovò un posto da titolare nella formazione del Lanerossi
Vicenza, con cui riuscì a togliersi ancora parecchie soddisfazioni prima di
appendere le scarpe al chiodo. Dopo la salvezza di misura del 1969, a cui
contribuì con il suo record personale di 6 reti all'attivo, nella stagione
successiva scese in campo in una sola occasione.
Dopo un anno al Rovereto in Serie C, nell'estate 1971 Tumburus, in comproprietà fra i trentini ed i veneti, fu protagonista di un celebre caso di mercato nel corso della risoluzione della comproprietà, ricordato per l’entità al ribasso delle cifre inserite nelle buste dalle due squadre interessate. il Vicenza offrì 175 lire mentre il Rovereto si fermò a 25 lire (a titolo di confronto si tenga conto che in quegli anni un litro di benzina costava circa 100 lire e un giornale 50 lire). Il fatto fece scalpore perché sembrava denotare una valutazione offensiva e una forte insensibilità nei confronti della dignità del calciatore.
Il Vicenza di Farina, con una cifra sette volte maggiore, si aggiudicò il giocatore. Quella cifra diceva in modo brutale, stampata vicino al suo nome come un'etichetta, che il giocatore era finito. Ed oggi, purtroppo, ci si ricorda di lui più per quelle 175 lire che non per il suo onesto e nobile passato, avendo indossato la maglia azzurra ed essendo stato campione d'Italia con il Bologna di Bernardini. Dopo quello scandalo la Lega fissò in 100 mila lire l'offerta minima.
È il primo ed eclatante esempio di come il calcio italiano si stava avvicinando ad un nuovo modo di interpretare le relazioni tra le proprietà e i suoi calciatori, più vicino al modello industriale. Il giocatore stava diventando merce da sfruttare, un investimento tra i 20 e i 29 anni e poi un avanzo da gettare. La politica dell'usa e getta arrivava anche nel calcio. Ci sono stati altri casi del genere, come non ricordare il caso di Jorgensen, giocatore danese che nella stagione 2006 le due società in comproprietà del suo cartellino, Fiorentina ed Udinese, andarano alle buste ma non interessate alle prestazioni del ragazzo non offrirono nulla. Secondo le regole, la proprietà venne acquisita per intero dall'ultima squadra in cui aveva militato, ossia la Fiorentina.
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